Impulsi di Uccidere e Distruggere Relazioni: Una Sintesi di confronto tra Uccidere physicamente e psychicamente, Implicazioni Professionali

  • (Thesis di Marco Bisceglia 2024)
  • Gli impulsi di uccidere e di distruggere relazioni irrecuperabili, sebbene distinti nella loro manifestazione, condividono caratteristiche significative in quanto entrambi comportano conseguenze irreversibili. Entrambi questi impulsi possono essere particolarmente evidenti negli individui con tratti narcisistici, dove i trigger psicologici e i meccanismi neurali mostrano notevoli similitudini. L'impulso a uccidere è caratterizzato dalla sua finalità assoluta: la morte è una cessazione permanente e irreversibile della vita. Questa azione è spinta da percezioni di minaccia all'immagine di sé o al controllo personale, che possono scatenare reazioni di rabbia estrema e aggressività. Analogamente, l'impulso a distruggere relazioni cruciali coinvolge la rottura di legami emotivi fondamentali, con effetti duraturi e irreversibili sulle dinamiche relazionali e sul benessere psicologico degli individui coinvolti. Anche in questo caso, il comportamento distruttivo è spesso motivato dalla necessità di mantenere il controllo e minimizzare le minacce percepite. Entrambi gli impulsi, sebbene si manifestino in modi diversi, possono riflettere gravi problemi psicologici e comportamentali. Individui che mostrano tendenze verso tali comportamenti distruttivi possono essere considerati gravemente problematici e disturbati. In contesti professionali particolarmente sensibili, come la protezione dei bambini, tali comportamenti e impulsi sono particolarmente preoccupanti. La consapevolezza di questi impulsi e la mancanza di interventi adeguati per mitigarli possono compromettere gravemente la capacità di una persona di lavorare in ambienti dove la sicurezza e il benessere degli altri, soprattutto dei più vulnerabili, sono cruciali. In conclusione, sia l'impulso a uccidere che quello a distruggere relazioni sono indicatori di profondi disturbi psicologici e comportamentali. La presenza di tali impulsi può rendere una persona inadeguata per ruoli professionali che richiedono alta sensibilità, empatia e capacità di gestione delle relazioni. La valutazione e l'intervento precoce sono essenziali per garantire che individui con tali tendenze non mettano in pericolo il benessere degli altri, specialmente in settori critici come la protezione infantile. Analisi Comparativa dell'Impulso a Uccidere e dell'Impulso a Distruggere Relazioni Irrecuperabili negli Individui Narcisisti Introduzione Gli impulsi di uccidere e di distruggere relazioni irrecuperabili rappresentano entrambi azioni con conseguenze irreversibili. Questi comportamenti possono essere particolarmente pronunciati negli individui con tratti narcisistici, dove i trigger e i meccanismi psicologici sottostanti mostrano somiglianze significative. Questa analisi esplora come entrambi gli impulsi funzionano in modo simile all'interno del cervello e del quadro psicologico degli individui narcisisti, esaminando i loro trigger, i meccanismi neurali e gli effetti psicologici. L'Impulso a Uccidere • Definizione e Irreversibilità: L'impulso a uccidere comporta il desiderio di porre fine alla vita di un'altra persona. Questa azione è caratterizzata dalla sua finalità e irreversibilità, poiché la morte interrompe permanentemente tutte le possibilità di interazione futura, riconciliazione o riparazione emotiva. • Trigger Psicologici: Negli individui narcisisti, l'impulso a uccidere può essere innescato da minacce percepite alla loro immagine di sé o al senso di superiorità. Queste minacce possono includere offese personali, sfide alla loro autorità o sensazioni di rifiuto significativo. Gli individui narcisisti possono reagire a queste minacce con rabbia intensa o furia, che può evolversi in pensieri o azioni violente. • Funzioni Neurali e Psicologiche: • Funzione Cerebrale: Le anomalie nelle regioni cerebrali come la corteccia prefrontale e l’amigdala possono influenzare gli impulsi aggressivi. La corteccia prefrontale, coinvolta nel controllo degli impulsi e nella presa di decisioni, può mostrare un'attività ridotta negli individui narcisisti, compromettendo la loro capacità di regolare l'aggressività. L'amigdala, associata alle risposte emotive, può mostrare una reattività aumentata, portando a una maggiore rabbia e aggressività quando l'immagine di sé è minacciata. • Funzione Psicologica: L'impulso a uccidere funge da metodo drastico per gli individui narcisisti per eliminare minacce percepite e riaffermare il controllo. È guidato dalla necessità di mantenere la superiorità e evitare sfide alla loro concezione di sé. L'Impulso a Distruggere Relazioni Irrecuperabili • Definizione e Irreversibilità: L'impulso a distruggere relazioni irrecuperabili comporta il rompere legami emotivi cruciali, come quelli tra genitori e figli o tra partner stretti. Questo tipo di distruzione ha anche effetti duraturi e irreversibili, interrompendo dinamiche relazionali fondamentali e sistemi di supporto emotivo. • Trigger Psicologici: Per gli individui narcisisti, questo impulso può essere innescato da percezioni di inadeguatezza o fallimenti nel soddisfare le loro esigenze. Se una relazione è vista come una fonte di competizione, sfida o minaccia emotiva, l'individuo narcisista può cercare di eliminarla per proteggere la propria immagine e mantenere il controllo. • Funzioni Neurali e Psicologiche: • Funzione Cerebrale: Analogamente all'impulso a uccidere, l'impulso a distruggere relazioni può essere influenzato da anomalie nella corteccia prefrontale e nell’amigdala. Il ridotto controllo degli impulsi e la reattività emotiva aumentata contribuiscono al comportamento distruttivo. La mancanza di empatia, comune negli individui narcisisti, amplifica ulteriormente la volontà di danneggiare le relazioni senza considerare le conseguenze emotive per gli altri. • Funzione Psicologica: Distruggere relazioni importanti serve come mezzo per gli individui narcisisti di eliminare fonti di competizione o minaccia emotiva. Questo comportamento rinforza il loro senso di superiorità e controllo, allineandosi alla loro necessità di dominare e minimizzare le minacce percepite alla loro immagine di sé. Analisi Comparativa di Entrambi gli Impulsi Trigger e Risposte Emotive Simili • Minacce Percepite: Entrambi gli impulsi sono spesso innescati da minacce percepite all'autoefficacia o al senso di superiorità dell'individuo narcisista. Un'offesa o una sfida minore possono provocare reazioni sproporzionate, portando a pensieri violenti o azioni (uccisione) o a rotture relazionali drastiche (distruzione delle relazioni). • Meccanismi Difensivi: Gli individui narcisisti possono utilizzare entrambi gli impulsi come meccanismi difensivi per riaffermare il controllo e la dominanza. Uccidere può essere visto come un modo per rimuovere permanentemente una minaccia, mentre distruggere relazioni serve a eliminare fonti di inadeguatezza percepita o competizione. Funzioni Neurali e Psicologiche • Funzione Cerebrale: I meccanismi neurali che sottendono entrambi gli impulsi coinvolgono anomalie in aree legate al controllo degli impulsi e alla regolazione emotiva. Le anomalie nella corteccia prefrontale e nell’amigdala possono influenzare l'impulsività e la reattività emotiva. I tratti narcisistici possono esacerbare queste anomalie, portando a un aumento dell’impulsività e della reattività emotiva. • Funzioni Psicologiche: Negli individui narcisisti, entrambi gli impulsi sono guidati da una profonda necessità di mantenere il controllo e la superiorità. Sia attraverso la finalità dell'uccisione che attraverso la rottura di relazioni importanti, queste azioni servono a rafforzare la loro visione egocentrica del mondo e a eliminare le minacce percepite. Impatto e Conseguenze • Conseguenze Psicologiche: Entrambi gli impulsi possono portare a gravi conseguenze psicologiche. Gli individui narcisisti possono sperimentare una soddisfazione fugace nel mettere in atto questi impulsi, ma le conseguenze a lungo termine spesso includono un aumento dell'isolamento, ripercussioni legali o aggravamento dei conflitti interiori. La distruzione delle relazioni può portare a conseguenze emotive e sociali durature, mentre l’uccisione comporta severe ramificazioni legali e morali. • Impatto Sociale: L'impatto sociale di queste azioni è notevole. L'uccisione interrompe le norme e le strutture morali della società, mentre la distruzione delle relazioni può portare a un'ampia angoscia emotiva tra le persone coinvolte, influenzando le reti sociali e familiari. Conclusione Negli individui narcisisti, gli impulsi a uccidere e a distruggere relazioni irrecuperabili mostrano somiglianze significative nei loro trigger, nelle risposte emotive e nei meccanismi psicologici sottostanti. Entrambi gli impulsi sono influenzati da minacce percepite all'immagine di sé dell'individuo narcisista e sono facilitati da anomalie neurali che compromettono il controllo degli impulsi e l’empatia. Comprendere le somiglianze e le differenze di questi impulsi offre una visione su come i comportamenti estremi sono motivati e mantenuti nelle personalità narcisiste, sottolineando la necessità di interventi mirati per affrontare i problemi sottostanti e prevenire azioni dannose. Thesis psycologico di Marco Bisceglia 2024 Impulsività L’impulso, o l’impulsività, rappresenta la voglia irrefrenabile di eseguire un’azione incontrollabile, involontaria, incontenibile. L’impulso, o l’impulsività, rappresenta la voglia irrefrenabile di eseguire un’azione incontrollabile, involontaria, incontenibile. Si tratta di mettere in atto una risposta repentina in reazione a uno stimolo proveniente dall’ambiente esterno tramite un agito comportamentale. Non sempre è un gesto negativo, infatti, le persone che manifestano un tratto impulsivo sono brillanti, veloci nelle decisioni, adottano comportamenti alternativi, sono dinamici e plastici, scattanti, originali e creativi, sono spontanei e molto spesso intuitivi, si adattano ai cambiamenti e sono flessibili alle situazioni della vita. Ovviamente esiste il rovescio della medaglia: l’impulsività può causare numerosi inconvenienti non solo relazionali, ma anche personali. La cosa importante è non superare il limite, ovvero quel sottile confine che separa il patologico dal normale. L’impulsività è anche un comportamento funzionale se manifestato al momento giusto, ma se fosse l’unica modalità attuabile in tutte le situazioni quotidiane, allora sarebbe disadattiva. Agire d’impulso, dunque, significa rispondere malamente senza pensare minimante alle possibili conseguenze, guidare ad alta velocità in città senza considerare i rischi, lanciare un oggetto senza valutare se fosse dannoso per qualcuno, etc. Chiaramente, se agire d’impulso diventasse la norma, allora potrebbe essere auspicabile imparare a gestirlo. Gestire l’impulso significa valutare sempre le conseguenze di un proprio gesto impulsivo, modificando di conseguenza il proprio comportamento. Una possibile strategia potrebbe essere differire i propri scopi, ad esempio contando fino a 10 prima di parlare, oppure bere un bicchiere d’acqua o pensare a qualcosa di piacevole. In sostanza, la cosa importante, prima di agire, è trovare qualcosa di utile che permetta di inserire una pausa o di spostare l’attenzione prima di agire. Inoltre, gerarchizzare gli scopi da raggiungere permette di perseguirli senza disperdere inutilmente energie. Infine, ma non meno importante, comunicare la propria emozione prima di agire aiuta a renderla meno carica e a questo punto è possibile scegliere di non agirla, ma di fare qualcosa che possa far star bene. Ossessioni aggressive Le ossessioni aggressive riguardano la paura di danneggiare intenzionalmente o uccidere gli altri. Si possono definire in molti modi: ossessioni aggressive, ossessioni violente, ossessioni morbose… e la lista potrebbe continuare… Questo sintomo del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) implica la paura di far del male ad altre persone, spesso care, o di ucciderle. In alcuni casi, le ossessioni aggressive sono dirette alla propria persona, ad esempio quando si hanno pensieri indesiderati, intrusivi e ricorrenti di ferire o uccidere se stessi (ossessioni suicidarie). Le ossessioni aggressive spesso riguardano atti violenti come omicidi (si immagina di pugnalare, colpire, soffocare, avvelenare qualcuno) o atti criminali (furti, incendi dolosi, rapine in banca), e coinvolgono immagini mentali cruente (di sangue, ferite e morte). Gli individui con ossessioni violente possono temere di diventare serial killer o di far deliberatamente del male a qualcuno che amano. Ovviamente generano molta ansia e sensi di colpa, e i tentativi di scacciarle della propria mente sono del tutto infruttuosi. Alcuni esempi di ossessioni aggressive sono: • La paura di essere travolto da una furia omicida, pugnalando o accoltellando qualcuno. • La paura di rubare la pistola di un poliziotto nelle vicinanze e sparare a qualcuno. • La paura di soffocare il proprio bambino o il partner. • La paura di compiere atti sessualizzati verso il proprio bambino. • La paura di far del male al proprio bambino o di spezzare il collo al proprio animale domestico. • La paura di spingere o far cadere qualcuno giù qualcuno dalle scale o da un edificio alto. • La paura di avvelenare intenzionalmente qualcuno (per esempio, mettendogli del veleno per topi nel cibo). • La paura di colpire ripetutamente o picchiare qualcuno a morte. • La paura di camminare dietro qualcuno e tagliargli la gola. • La paura di soffocare il bambino o il partner mentre dormono. • La paura di annegare il bambino mentre nuota o mentre gli si fa il bagno. • La paura di rapinare una banca. • La paura di appiccare un incendio doloso. • La paura di arrabbiarsi e percuotere il proprio bambino a morte. • La paura di urtare intenzionalmente un pedone o un ciclista mentre si sta guidando e ucciderlo. • La paura di spingere aggressivamente il carrello della spesa verso gli altri clienti che si trovano sul proprio cammino. • La paura di afferrare il volante, quando guida qualcun altro, e provocare un incidente. • La paura di mettere il proprio bambino o il proprio animale domestico nel forno, in lavatrice o nell’asciugatrice. Analogamente a quanto avviene nel caso delle ossessioni sessuali, gli individui con ossessioni aggressive temono spesso di passare all’atto in conseguenza dei propri impulsi violenti. Si chiedono continuamente perché continuino ad essere tormentati da questi pensieri e/o impulsi indesiderati e possono sentirsi estremamente in colpa per il fatto stesso di averli e terrorizzati di non essere in grado di controllarli. Alcuni individui hanno una forma di disturbo ossessivo-compulsivo che li induce a confondere le proprie preoccupazioni con i propri ricordi. Possono quindi erroneamente credere di aver già fatto in passato le cose tremende che pensano (ad es., masturbare il proprio bambino, rubare qualcosa in un negozio, aggredire una persona, ecc.), perché le proprie ossessioni sono immagini vivide e dettagliate che “percepiscono” più come frammenti di ricordo che come pure fantasie angosciose. Possono quindi effettuare una varietà di controlli e di altre compulsioni per rassicurarsi riguardo al fatto che questi siano solo dei “falsi ricordi” e non fatti orribili realmente accaduti. Come tutte le forme di disturbo ossessivo compulsivo, le ossessioni violente/aggressive sono spesso seguite (e rinforzate/mantenute) da comportamenti compulsivi (rituali) e da comportamenti di evitamento. Alcuni esempi di compulsioni che seguono la paura di danneggiare gli altri sono: • Chiedere conferma ad altre persone di non aver fatto niente di male e di non essersi allontanati per un tempo sospetto. • Verificare di non aver scritto niente di riferibile ai propri pensieri aggressivi o confessioni di atti violenti compiuti. • Controllare le notizie (TV, radio, internet) per assicurarsi che nessun crimine violento si sia verificato nelle vicinanze. • Tornare nei posti recentemente visitati per assicurarsi che non vi sia accaduto nulla di brutto. • Cercare di convincere se stessi che non si agirebbe mai secondo questi pensieri. • Ripercorrere mentalmente il proprio passato per dimostrarsi che non saremmo mai capaci di uccidere. • Chiedere ad altre persone rassicurazioni sul fatto di essere una brava persona. • Analizzare i propri pensieri per determinare se riflettono il “vero sé”. • Cercare di scacciare i propri pensieri indesiderati. • Stringere maniglie, braccioli o altre superfici per assicurarsi che le proprie mani non facciano niente di indesiderato. • Cercare di neutralizzare i pensieri o le immagini indesiderate respingendole mentalmente o trasformandole in qualcosa di “buono”. I comportamenti di evitamento associati alle ossessioni aggressive consistono nel limitare l’esposizione a luoghi, situazioni, persone o oggetti che potrebbero innescare i pensieri violenti. Riportiamo alcuni esempi di comportamenti di evitamento comuni per le persone che hanno paura di uccidere o di danneggiare altre persone: • Eliminare tutte le “armi” dalla casa, come oggetti appuntiti, oggetti contundenti, sostanze chimiche velenose, corde, pistole, ecc. • Mantenere un eccessivo controllo sul proprio corpo (rimanendo eccessivamente rigidi) quando si hanno delle persone dintorno. • Tenere le mani in tasca o lontano da altre persone. • Delegare la responsabilità della preparazione del cibo ad altre persone. • Evitare il sesso, l’intimità, ed altre situazioni che comportano vulnerabilità fisica. • Evitare di prendersi cura dei bambini da soli e le relative responsabilità. • Evitare di rimanere soli con i bambini, con gli animali domestici, con le persone anziane o con altri soggetti vulnerabili. • Evitare spettacoli televisivi o articoli di giornale che trattano temi violenti. • Evitare la polizia, i carabinieri e il personale della sicurezza. • Evitare il contatto fisico con gli altri, in particolare nella zona del collo (evitando abbracci o sfioramenti del collo). • Evitare i film di paura o horror. • Evitare di maneggiare coltelli, forbici, lamette. Il trattamento delle ossessioni aggressive si basa sullo sviluppo di un nuovo rapporto con questi pensieri indesiderati e intrusivi. Il paziente deve comprendere come questi pensieri non siano né pericolosi né indicatori di quello che accadrà in futuro o che può essere accaduto. Meno importanza viene data ai pensieri/impulsi intrusivi e meno senso di colpa e paura le persone sperimentano nel momento in cui le ossessioni si presentano, più sarà facile che non vengano messi in atto comportamenti disadattivi (rituali ed evitamenti) che alimentano e mantengono in vita il problema. La terapia cognitivo-comportamentale mira proprio a questo obiettivo e solitamente dà sollievo dai sintomi nell’arco di qualche mese di trattamento, anche se è normale che possano volerci dai 6 ai 12 mesi di trattamento per ottenere dei risultati significativi. NARCISIMO Il quadro clinico Per avere un'idea più precisa di cosa si intente per narcisismo in termini descrittivi, è utile vedere i criteri diagnostici del DSM-III-R del 1987 dell'American Psychiatric Association, che sono stati apprezzati anche da vari autori di parte psicoanalitica come sufficientemente precisi. Gli aspetti che maggiormente vengono sottolineati sono soprattutto l'oscillazione dell'autostima e una sensazione di grandiosità (la quale sappiamo, in senso psicodinamico, che può essere concepita come la negazione difensiva di un senso di inferiorità o impotenza), inoltre di conseguenza una eccessiva facilità ad essere feriti da eventuali commenti o giudizi critici, e una difficoltà ad empatizzare con i bisogni degli altri. In particolare, il DSM-III-R propone nove criteri diagnostici, dei quali almeno cinque devono essere presenti per formulare diagnosi di personalità narcisistica: 1) reazione alle critiche con rabbia, vergogna o umiliazione; 2) tendenza a sfruttare gli altri per i propri interessi; 3) grandiosità, cioè sensazione di essere importanti, anche in modo immeritato; 4) il sentirsi unici o speciali, e compresi solo da certe persone; 5) fantasie di illimitato successo, potere, amore, bellezza, ecc.; 6) sentirsi in diritto di meritare privilegi più degli altri; 7) eccessive richieste di attenzione o ammirazione; 8) mancanza di empatia verso i problemi delle altre persone; 9) persistente invidia (quest'ultimo criterio diagnostico non era presente nel DSM-III del 1980 ed è stato aggiunto nel DSM-III-R). Con questo quadro di riferimento clinico in mente, vediamo ora la complessa evoluzione storica del concetto di narcisismo. Nel cervello di Narciso : un focus sul narcisismo tra psicobiologia, sviluppo, condotte criminali ed anticonservative Quello di narcisismo è un concetto sovente inflazionato e troppo spesso banalizzato. Dal mito di Ovidio, alle pionieristiche e più recenti teorie in ambito psicoanalitico, fino ad arrivare alla classificazione proposta dal DSM-5 e dal PDM-2, emerge in realtà la complessità di tale personality disorder, caratterizzato da grandiosità, necessità di ammirazione, senso di entitlement, arroganza e presunzione, nel delinearsi di una multi sfaccettata pluralità di scenari entro i quali diagnosi, trattamento, interventi precoci e di tutela in ambito familiare si configurano come una sfida tutt’altro che semplice. Gabbard accosta il narcisismo alla figura di Ύδρα, Hýdra, un leggendario mostro della mitologia greca e romana, descritto come un serpente marino a nove teste, pleomorfo, capace di cambiare forma, per rendere conto della variabilità di manifestazioni che costella tale condizione all’interno quadri assai eterogenei tra loro, che si declinano in un continuum che va da normalità a grave compromissione, in forme di narcisismo overt e covert (Wink, 1991), rispettivamente grandioso e vulnerabile. All’interno di tali quadri personologici, tuttavia, ricorre il fil rouge dell’assenza di empatia accanto ad un’autostima precaria ed una celata vulnerabilità, alle quali soggiace un Io profondamente depauperato, sensibile alla critica, che a fronte di ferite narcisistiche può mettere in campo meccanismi di difesa primitivi, condotte aggressive auto ed etero-dirette. Ecco perché in ambito forense non è infrequente imbattersi in soggetti con tali caratteristiche: all’interno del presente elaborato sarà approfondita la letteratura psicologico-forense relativa al tema della manipolazione affettiva, esplorando come può esitare in escalation letali, del legame tra narcisismo e serial killers ed il tema, ad un tempo macabro e affascinante, del suicidio, attraverso il protocollo di autopsia psicologica (De Leo, 2000; 2006), che permette una ricostruzione a ritroso della personalità dei soggetti, inferibile mediante interviste alla famiglia ed analisi degli atti contenuti nel fascicolo giudiziario. Nella costante reciproca interazione tra geni e ambiente (nature/nurture) si innestano le radici del narcisismo: i primi anni di vita, come ci restituisce la celebre Teoria dell’Attaccamento (Bowlby, 1982) ed i successivi contributi di Fonagy e dell’Infant Research, sono critici per lo sviluppo della personalità, potendo ridefinire o al contrario innescare fattori di rischio biologicamente predeterminati. Sul versante opposto si esaminerà un caso clinico, all’interno di un setting psicoterapeutico, di una minore, vittima di violenza assistita in ambito familiare, al cui padre è stato diagnosticato un disturbo narcisistico di personalità (attraverso il colloquio clinico e l’interpretazione, in sua funzione, dell’MMPI-2), nel tentativo di esplorare come, scenari come questo, possano riverberarsi sui minori nella strutturazione di Modelli Operativi interni (MOI) disfunzionali e nel determinare una maggiore vulnerabilità individuale ad ansia e depressione, indagati attraverso il colloquio clinico e la somministrazione di MMPI-A ed Adult Attachment Interview (AAI). Narcissism is a concept that is often inflated and too often trivialized. From Ovid's Metamorphosis the myth that clearly defines narcissism, to pioneers and the most recent theories in the psychoanalytic field and the classification introduced by the DSM-5 and the PDM-2, the complexity of this personality disorder emerges. Narcissism is defined as a sense of self grandeur, the need for admiration, a belief in entitlement, arrogance and presumption, in the emergence of a multifaceted plurality of scenarios within which diagnosis, treatment, early interventions and protection in the family environment are configured as a challenge. This is anything but simple. Glen O. Gabbard compares narcissism to the figure of Ύδρα, Hydra, a legendary monster of Greek and Roman mythology. The monster is described as a snake with nine-heads, pleomorphic, capable of changing shape, which accounts for the variability of manifestations that characterize this condition as seen in a variety of paintings, very heterogeneous, declined in a continuum that goes from normality to severe impairment, as in forms of overt and covert narcissism (Wink, 1991), respectively grandiose and vulnerable. Within these personological pictures, however, the common thread of the absence of empathy to a precarious self-esteem and a hidden side, there underlies a deeply impoverished Ego, sensitive to criticism, which in the face of exposure and criticism can deploy mechanisms of primitive defense, self and hetero-direct aggressive conduct. In the forensic field it is not uncommon to come across subjects with such characteristics. Therefore, within this paper, the psychological-forensic literature relating to the topic of effective manipulation will be explored. Understanding and investigating narcissism will explain why a persons behavior can lead to lethal escalations, then it is important to realize the link between narcissism and serial killers. There is evidence also of the theme, which is both macabre and fascinating, of suicide. Through the psychological autopsy protocol (De Leo), we are permitted a backward reconstruction of the personalities of the subjects, infer able through interviews with the family, and analysis of the documents contained in the judicial file. The roots of narcissism are grafted into the constant mutual interaction between genes and environment (nature / nurture): the first years of life are critical as evidenced in the noted Attachment Theory (Bowlby, 1982) and the subsequent contributions of Peter Fonagy and Infant Research, all specify elements in personality development that are able to redefine or on the contrary trigger biologically predetermined risk factors. On the opposite side, we will examine a clinical case, within a psycho therapeutic setting, of a minor, a victim of witnessed violence in the family environment, whose father was diagnosed with narcissistic personality disorder (through clinical interview and interpretation, in its function, of the MMPI-2). This is an effort to explore how scenarios like this one can reverberate on minors in the structuring of dysfunctional Internal Working Models, and in determining a greater individual vulnerability to anxiety and depression, investigated through the clinical interview and the administration of MMPI- A and Adult Attachment Interview (AAI).